Sono illegittime le prescrizioni dell’Ispettorato del Lavoro di Brindisi per mancata informazione delle lavoratrici sui rischi da gravidanza

L’Ispettorato del lavoro di Brindisi sta adottando, proprio in questi giorni, prescrizioni ex art. 20, D. Lgs. 758/1994 in materia di sicurezza-lavoro che appaiono illegittime sia per ragioni formali che di merito

Non è chiaro se la stessa prassi sia stata adottata anche da altre sedi dell’Ispettorato. Allo stato le notizie pervengono solo da Brindisi.

La violazione contestata concerne il presunto dovere/obbligo di informazione delle lavoratrici in ordine ai rischi derivanti dall’attività lavorativa in caso gravidanza. La norma che l’ITL ritiene violata è l’art. 36, comma 2, del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (TU in materia di sicurezza) in combinato disposto con l’art. 11, comma 2, del D. lgs. 26 marzo 2001, n. 151 interpretandoli nel senso che destinatarie dell’informazione non devono essere solo le lavoratrici in stato di gravidanza bensì tutte le dipendenti di sesso femminile.

L’interpretazione appare di dubbia fondatezza in quanto il testo letterale della norma non pare affatto consentirla, posto che l’intera disciplina del D. Lgs. 151/2001 riguarda le lavoratrici in maternità e non, in generale, quelle di sesso femminile. E lo stesso testo Unico sulla sicurezza parla di rischi specifici e di pericoli concreti, non meramente ipotetici. Portando alle estreme conseguenze la tesi dell’ITL brindisino si finirebbe per ritenere sussistente tale obbligo anche in caso di lavoratrici che per ragioni fisiche o per età non possano trovarsi in gravidanza.

Deve invece ritenersi, a una piana e ragionevole lettura delle norme, che l’obbligo sorga solo dal momento in cui la lavoratrice, come suo dovere, segnali all’azienda lo stato di gravidanza, dal quale derivano tutta una serie di conseguenze giuridiche sul suo rapporto di lavoro.

In ogni caso, è evidente che – quanto meno – un simile obbligo non emerge chiaramente dal testo letterale della norma per cui, in presenza di una presunta violazione, prudenza minimale vuole che venga adottato un provvedimento di Disposizione ex art. 10, DPR 520/1055 che si differenzia dalla Prescrizione per il fatto che, in caso di ottemperanza, non comporta l’applicazione di alcuna sanzione. I dubbi di cui innanzi appaiono particolarmente fondati proprio perché le norme applicate hanno natura penale e le violazioni ipotizzate integrano reato: esse richiedono quindi, per perfezionarsi, uno specifico elemento psicologico e, d’altro canto, non sono suscettibili di interpretazione estensiva né tantomeno analogica.

Ma c’è un altro motivo per cui tale prescrizione non dovrebbe essere adottata dall’Ispettorato del Lavoro. L’art. 15 del D. Lgs.  124/2004, confermando quanto prevedono gli art. 19 e 20 del D. Lgs. 758/1994, prevede infatti che la prescrizione possa essere emanata dal personale ispettivo del Ministero del Lavoro “Con riferimento alle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale la cui applicazione è affidata alla vigilanza della direzione provinciale del lavoro” (riferimento che ora deve intendersi riferito all’ispettorato). Ancor più chiaramente, l’art. 20 del D. Lgs. 758/1994 prevede che la prescrizione in materia di sicurezza-lavoro debba essere emanata dall’Organo di Vigilanza, mentre il precedente art. 19 sancisce inequivocabilmente che “Agli effetti delle disposizioni in cui al presente capo, si intende per: …. b)  organo di vigilanza, il personale ispettivo di cui all’art. 21, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, fatte salve le diverse competenze previste da altre norme”. Quest’ultima norma, a sua volta, attribuisce le funzioni di vigilanza in materia di sicurezza-lavoro agli SPESAL della ASL. Con maggior precisione, l’art. 13 del D. Lgs. 81/2008, chiarisce: “La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda sanitaria locale competente per territorio”. La medesima norma attribuisce la medesima funzione anche all’Ispettorato del Lavoro ma solo sulle Ferrovie dello Stato nonché sulle seguenti situazioni:

“a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l’impiego di esplosivi;

b)  lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;

c)  ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali”.

Orbene, risulta che le prescrizioni in questione siano state in gran parte emanate verso aziende non rientranti fra quelle che l’Ispettorato del Lavoro ha competenza a ispezionare in via preventiva nella materia della sicurezza-lavoro.
 
Anche per questa ragione, pare quindi estremamente opportuno che gli ispettori in questa materia si limitino ad emanare semplici disposizioni ex art. 10, D.P.R. 520/1955, un provvedimento che la legge espressamente attribuisce agli ispettori “in materia di prevenzione infortuni” e che, come è noto, lo si ribadisce, non comporta l’applicazione di alcuna sanzione in caso di ottemperanza nel termine fissato.

Attesa la semplicità dell’adempimento che si assume omesso in queste situazioni (e l’insussistenza di situazioni di rischio attuale) sia consentito anche rilevare che l’uso di strumenti volti più a promuovere l’adempimento che a sanzionare le aziende, in un momento peraltro così difficile per tutti, appare estremamente consigliabile.

Il disagio provocato alle aziende dalla illegittimità del provvedimento adottato dall’Ispettorato è aggravato anche dal fatto che tale illegittimità può essere fatta valere solo nel procedimento penale che sarebbe riavviato a seguito della mancata estinzione in via amministrativa mediante il pagamento della sanzione.

Avv. Francesco Stolfa
Studio Legale Associato Stolfa Volpe 

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