Una delle ultime trovate dell’INPS è stata, recentemente, quella di revocare gli sgravi contribuiti fruiti dalle aziende nel caso in cui fossero registrate inadempienze contributive personali proprie del datore di lavoro.
Il caso specifico è quello delle ditte individuali con dipendenti. Nel caso in cui, infatti, il datore di lavoro (iscritto ad una delle gestioni di lavoratori autonomi, vale a dire Commercianti o Artigiani o Coltivatori Diretti) risulti inadempiente al proprio obbligo contributivo inerente la propria posizione previdenziale personale, anche per poche centinaia di euro, l’INPS automaticamente revoca gli sgravi contributivi fruiti per i dipendenti.
Sulla scorta di numerose segnalazioni da parte dei Consulenti del Lavoro (i quali, giustamente, non sapevano come spiegare ai propri clienti come a fronte di poche centinaia di euro di contributi omessi, arrivassero richieste di pagamento notevolmente esose da parte dell’INPS), il nostro Studio ha depositato il primo ricorso giudiziario contro tali illegittime pretese.
Abbiamo sostenuto, infatti, che la posizione contributiva personale del titolare della ditta individuale è assolutamente irrilevante ai fini della verifica della regolarità contributiva dell’azienda e, in particolare, ai fini della legittima fruizione degli sgravi contributivi.
È, infatti, lo stesso tenore testuale del DM 30.1.2015, del resto, a far propendere per tale interpretazione: l’art. 3 di tale DM, infatti, dispone testualmente che “La verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti dovuti dall’impresa in relazione ai lavoratori subordinati e a quelli impiegati con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, che operano nell’impresa stessa …”. Così come, anche il successivo art. 8 DM 30.1.2015 testualmente prevede che “Ai fini del godimento di benefici normativi e contributivi sono ostative alla regolarità, ai sensi dell’art. 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le violazioni di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro individuate nell’allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto, da parte del datore di lavoro o del dirigente responsabile, accertate con provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi, inclusa la sentenza di cui all’art. 444 del codice di procedura penale”.
La palla, dunque, passa ancora una volta alla Magistratura che, auspichiamo, si possa pronunciare in tempi rapidi per porre fine a questo che, a nostro avviso, è una applicazione distorta della normativa in tema di benefici contributivi operata dall’Ente previdenziale.
Su tale tematica si resta ancora in attesa (ad oltre cinque mesi dall’entrata in vigore) di norme attuative della sanatoria prevista dal comma 1175-bis, della legge 296/2006, introdotto dal D.L. 19/2024.
Avv. Danilo Volpe