Con questa ordinanza la Cassazione ha specificato che due sono le ipotesi in cui il lavoratore in malattia che svolga altra attività può essere ritenuto gravemente inadempiente agli obblighi generali di correttezza e buona fede nonchè agli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, rischiando quindi il licenziamento:
1) quando tale attività esterna sia di per sé sufficiente a fare presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando quindi, una fraudolenta simulazione;
2) quando la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, sia ritenuta tale da poter pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio; al riguardo la Corte ha ritenuto irrilevante la tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia ritenendo invece rilevante la potenzialità di tale situazione e quindi il mero rischio che l’attività esterna pregiudicasse o ritardasse la guarigione. Nel caso esaminato dalla Corte il Giudice ha compiuto tale valutazione di potenziale lesività dell’attività esterna svolta dal lavoratore avvalendosi dell’ausilio di un consulente tecnico.
La sentenza conferma le pronunce intervenute nel medesimo giudizio sia in appello che in primo grado (Corte d’Appello e Tribunale di Bologna).
Avv. Francesco Stolfa
Studio Legale Associato Stolfa Volpe