Prescrizione crediti di lavoro: la Cassazione conferma la decorrenza dalla cessazione del rapporto anche nelle grandi imprese

A seguito della Riforma Fornero, i crediti di lavoro non possono dirsi assistiti da quella stabilità reale che, in passato, giustificava la decorrenza in corso di rapporto nelle grandi imprese

Con la recente sentenza n. 30957 del 20 ottobre 2022, la Cassazione conferma quanto già affermato nella precedente sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022, consolidando l’orientamento secondo cui il termine di prescrizione di cui all’art. 2948, n. 4, c.c. inizia a decorrere solo a partire dalla sua cessazione, anche per i lavoratori delle imprese con più di 15 dipendenti.

Come noto, infatti, la giurisprudenza di legittimità in passato aveva ritenuto che, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione dei crediti di lavoro, occorresse tener conto del regime di tutela applicabile al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo. In mancanza della tutela reale di cui all’art. 18 St. Lav., infatti, si presumeva che il timore di perdere il proprio posto di lavoro, in assenza di adeguate tutele, avrebbe indotto il lavoratore a non rivendicare i propri diritti. Conseguentemente, nelle ipotesi di inapplicabilità dell’art. 18 St. Lav. (dunque, nelle imprese fino a 15 dipendenti), la decorrenza del termine di prescrizione veniva fatta coincidere con la cessazione del rapporto di lavoro. Viceversa, nei casi di applicabilità dell’art. 18, viste le maggiori tutele che accompagnavano il lavoratore, si presumeva che egli non avrebbe avuto timore di rivendicare i propri diritti e, pertanto, il termine di prescrizione iniziava a decorrere sin dal momento della maturazione del credito, decorrendo anche in costanza di rapporto.

Tale ricostruzione esegetica, che ha retto per oltre sessant’anni, è stata recentemente messa in discussione dalle modifiche apportate alla disciplina della tutela contro i licenziamenti illegittimi intervenute dapprima con la Riforma Fornero (L. 92/2012) e successivamente con il d.lgs. 23/2015. È stato, in particolare, messo in dubbio che l’attuale disciplina conservasse quel grado di tutela (definita non a caso “tutela reale”) che consentiva al lavoratore di esercitare senza timore i propri diritti in costanza di rapporto.

Questi dubbi sono stati ora recepiti dalla Corte di Cassazione. Nella pronuncia in commento, infatti, la Corte ripercorre l’interpretazione appena descritta, rilevando come la stabilità del rapporto di lavoro si fondava sulla certezza delle forme di tutela che – in passato – il lavoratore e il datore di lavoro avevano in caso di licenziamento illegittimo. Il regime di tutela pre-Fornero, infatti, disponeva con certezza che, in qualunque ipotesi di illegittimità del licenziamento, il lavoratore avrebbe avuto diritto alla reintegra nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno consistente in tutte le retribuzioni dovute fino all’effettiva reintegra. Le successive modifiche legislative, invece, hanno fatto venir meno questo grado di certezza. La Corte ha attribuito particolare rilevanza al fatto che nell’attuale regime normativo le parti non hanno modo di conoscere ex ante il regime di tutela che verrà applicato in caso di licenziamento illegittimo, in quanto esso dipenderà da una valutazione – necessariamente ex post – rimessa al Giudice. La tutela reintegratoria, in particolare, è ormai relegata alle residuali ipotesi di “insussistenza del fatto contestato” o “nullità del licenziamento”; quella risarcitoria, invece, è rimessa ad una valutazione molto libera del Giudice (soprattutto per i rapporti di lavoro più recenti, i cd. contratti a tutele crescenti di cui al D. lgs. 23/2015).

Alla luce di ciò, quindi, la Corte ha ritenuto che l’attuale disciplina non assicuri quella stabilità del rapporto di lavoro che, in passato, aveva consentito di posticipare la decorrenza del termine di prescrizione in costanza di rapporto. Conclude, pertanto, confermando il principio secondo cui per tutti i crediti di lavoro che non siano prescritti alla data di entrata in vigore della Legge Fornero (18 luglio 2012) il termine di prescrizione di cui all’art. 2948 n. 4 c.c. decorre a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro. Viene precisato, peraltro, che non si tratta di un’ipotesi di sospensione del termine di prescrizione, bensì di una sua decorrenza originaria.

Il lavoratore potrà, pertanto, rivendicare i crediti relativi all’intero rapporto di lavoro, a prescindere dalla sua durata, dalle dimensioni dell’azienda e dal tipo di rapporto.

Si tratta di una decisione che sostanzialmente vanifica la funzione stessa dell’istituto della prescrizione, deputata, come noto, ad assicurare certezza nelle relazioni giuridiche. Essa è destinata a creare non pochi problemi alle aziende i cui bilanci, da questo momento in poi, si chiuderanno sempre con un bel punto interrogativo, restando esse sempre esposte al rischio di rivendicazioni risalenti anche a diversi decenni, ad opera dei lavoratori ma anche su iniziativa dell’Ispettorato del Lavoro e conseguente diffida accertativa.

Pare improcrastinabile un intervento legislativo che regoli la prescrizione, bilanciando adeguatamente tutti gli interessi in gioco.

Avv. Paolo Stolfa
Studio Legale Associato Stolfa Volpe  

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