Il sistema sanzionatorio introdotto dal D. lgs. 27 giugno 2022 n. 104, inerente le condizioni di trasparenza e prevedibilità dei rapporti di lavoro, parrebbe assistito da un sistema sanzionatorio particolarmente severo e penalizzante per i datori di lavoro prevedendo sanzioni di rilevante importo (da 250 a 1500 euro) da applicare “per ogni lavoratore” coinvolto; parrebbe insomma una cosa destinata a rovinare le ferie di aziende e consulenti anche per il fatto di entrare in vigore proprio a ridosso del ferragosto.
In realtà nella nostra prima Pillola abbiamo evidenziato come l’entrata in vigore sia abbastanza diluita, almeno per i lavoratori già assunti alla data del 1° agosto.
Ebbene, anche il sistema sanzionatorio, ad una più attenta lettura pare destare minori preoccupazioni, specie se saranno accolti alcuni orientamenti interpretativi che appaiono ragionevolmente conformi alla ratio della norma.
Le norme da prendere in esame sono l’art. 4, comma 1, lett e) del D. lgs. 104 che ha modificato l’art. 4 del D. Lgs. 26 maggio 1997, n. 152 (la disciplina previgente in tema di trasparenza dei contratti di lavoro), che sanziona la mancata attuazione degli obblighi di trasparenza per i nuovi assunti, e l’art. 16, comma 2, del medesimo D. lgs. 104 che applica le medesime sanzioni a tutela invece del lavoratori già assunti alla data del 1° agosto 2022.
Il meccanismo sanzionatorio applicato nei due casi è diverso ma risponde alla medesima ratio che, a parere di chi scrive, è quella di condizionare l’applicazione delle sanzioni a una preventiva manifestazione di volontà del lavoratore volta ad ottenere tutela. Nel secondo caso, per i lavoratori già assunti alla data del 1° agosto 2022, la norma prevede espressamente che gli obblighi di informazione non sorgano proprio se non interviene la richiesta del lavoratore: “Il datore di lavoro o il committente, su richiesta scritta del lavoratore già assunto alla data del 1° agosto 2022, è tenuto a fornire, aggiornare o integrare entro sessanta giorni le informazioni di cui agli articoli 1, 1-bis , 2 e 3 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n.152, come modificati dall’articolo 4 del presente decreto”. E, solo in caso di inadempienza del datore di lavoro a tale richiesta del lavoratore, si perfeziona l’illecito amministrativo che può essere poi sanzionato mediante intervento dell’Ispettorato del Lavoro.
Nel primo caso, invece, riguardante i lavoratori assunti a partire dal 2 agosto 2022, il nuovo testo dell’art. 4 del D. Lgs. 26 maggio 1997, n. 152 prescrive testualmente: “Il lavoratore denuncia il mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi di cui agli articoli 1, 1 -bis, 2, e 3, e 5, comma 2, all’Ispettorato nazionale del lavoro che, compiuti i necessari accertamenti di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, applica la sanzione prevista all’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.”.
Tenendo conto anche del meccanismo sanzionatorio previsto per i pregressi rapporti di lavoro, si deve ritenere che la denuncia del lavoratore operi, anche in questo secondo caso, cioè per i nuovi assunti, come una vera e propria condizione di punibilità dell’illecito amministrativo, con la conseguenza che la sanzione può essere applicata solo se vi sia stata, appunto, denuncia del lavoratore; mentre non è ipotizzabile una sua applicazione su intervento d’ufficio dell’Ispettorato.
Si consideri peraltro che le norme in esame, proprio per la loro natura, prevedendo sanzioni di tipo afflittivo, hanno natura eccezionale e sono di stretta interpretazione (“Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”:art. 1, comma 2, L. 689/1981) per cui, se la legge prevede testualmente che l’ispettorato possa intervenire solo su denuncia del lavoratore, non le si può dare alcuna interpretazione estensiva.
Questa opzione esegetica appare la più ragionevole in quanto consente di graduare nel tempo, secondo le effettive e concrete esigenze del lavoratore, gli adempimenti molto gravosi che la riforma pone a carico del datore di lavoro, cui viene imposto, improvvisamente e senza neanche un periodo transitorio, di creare un sistema informativo non solo per tutte i lavoratori dipendenti ma anche, come meglio vedremo nelle prossime “pillole”, di qualsiasi altro rapporto di lavoro anche autonomo, continuativo o occasionale, per i quali, in passato, non era prevista alcuna formalizzazione. Il tutto, peraltro, in pieno agosto (far entrare in vigore una legge del genere il 13 agosto sa davvero di “diabolico”).
Del resto, non è certo la prima volta che l’ordinamento condiziona l’applicazione di una sanzione di tipo afflittivo alla denuncia delle persona offesa. Persino il diritto penale conosce, come è noto, casi in cui la procedibilità dell’azione penale è condizionata alla querela del soggetto passivo del reato.
Nel caso di specie, sottoporre l’intervento dell’Ispettorato alla previa denuncia del lavoratore appare opportuno e conforme alla ratio della legge. Così come per i rapporti di lavoro pregressi, infatti, l’illecito non sorge se non vi è richiesta del lavoratore al datore di lavoro, analogamente, anche per i nuovi assunti la volontà del lavoratore assume rilievo determinante ai fini dell’applicazione della sanzione. La cosa non può meravigliare né destare perplessità in quanto i diritti tutelati dalla normativa in esame sono di carattere meramente formale per cui pare oltremodo opportuno lasciare al lavoratore la decisione di attivarli o meno facendo intervenire l’organismo di vigilanza solo nel caso in cui il datore di lavoro si renda sordo alle sue richieste.
Tale impostazione dei rapporti fra le parti consentirà anche alle aziende di realizzare una attuazione della nuova normativa concordata con il lavoratore e magari con le organizzazioni sindacali, soggetti che possono ben decidere di concedere alle aziende i tempi ragionevolmente necessari tenendo conto delle dimensioni e della complessità della sua organizzazione. In questo modo si andrebbe anzi a valorizzare particolarmente il ruolo dell’organizzazione sindacale che diventerebbe il vero arbitro della situazione. Si pensi ad aziende che abbiano un organico particolarmente numeroso e che procedano abitualmente a un numero elevato di assunzioni ovvero anche ad aziende che non applichino (legittimamente) la contrattazione di categoria e che debbano quindi specificare nella comunicazione ogni aspetto del trattamento economico e normativo praticato; ma pensiamo anche alla difficoltà di elaborare le informazioni richieste dalla riforma per tutte le forme “atipiche” di rapporti di lavoro, che finora non richiedevano particolari formalizzazioni. In tutti questi casi, i tempi di attuazione degli obblighi di legge potranno essere rimessi ad accordi fra le parti. Fermo restando il potere dell’Ispettorato di vigilare sulla correttezza dei comportamenti aziendali e intervenire su eventuali forme di coartazione della volontà del prestatore.
Ovviamente, quella innanzi illustrata è solo una ipotesi interpretativa che però a chi scrive appare molto ragionevole e conforme alla ratio legis. Come Studio la sosterremo in tutte le opposizioni ad ordinanza ingiunzione che saremo chiamati a patrocinare.
Per correttezza, è opportuno sottolineare che tale esegesi, non è stata però accolta nella prima circolare emanata sul tema dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (circolare n. 4 del 10 agosto 2022) che, in ordine alla procedura di applicazione delle sanzioni non ha detto nulla, omettendo di interpretare la norma e ignorando di dar conto della sua particolare formulazione, in particolare del richiamo che essa fa alla denuncia del prestatore.