l Tribunale di Belluno, con ordinanza del 06 maggio 2021, ha confermato l’obbligo di vaccinazione anti-covid per tutti gli operatori sanitari, stavolta sulla base della nuova normativa di cui al D.L. 44/2021.
Con una prima ordinanza del 19.03.2021 il medesimo Tribunale era giunto alle medesime conclusioni sulla base del combinato disposto degli articoli 32 Cost. e 2087 c.c., in base ai quali è a carico del datore di lavoro l’obbligo di tutelare la salute e di sicurezza del lavoro nei confronti di tutti i dipendenti. Quella pronuncia è stata ora confermata dalla nuova ordinanza del 06.05.2021, stavolta però non solo sulla base dei principi generali, ma anche del recente D.L. 44/2021, intitolato “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici.”.
Tale D.L., in particolare, all’art.4 rubricato “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario” prevede espressamente quali sono le categorie per le quali è previsto tale obbligo di vaccinazione anti-Covid e, nello specifico, dispone che “gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2.”
Sempre tale articolo precisa, inoltre, che “la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”.
Nel caso in cui il lavoratore, dunque, rifiuti di sottoporsi a vaccinazione anti-Covid, viene instaurata un’apposita procedura, prevista dal medesimo articolo 4 del D.L. in esame.
Al comma 6, infatti, è prevista la sospensione dalla prestazione lavorativa che implichi contatti interpersonali o che possa comportare, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Quando possibile il datore di lavoro deve, però, assegnare il lavoratore a mansioni equivalenti o anche inferiori, riconoscendo il corrispondente trattamento retributivo, purché non si tratti di mansioni implicanti contatti interpersonali. In mancanza, infine, di qualsiasi mansione utile a cui adibire il lavoratore, si prevede che, per il periodo di sospensione, non sia dovuta alcuna retribuzione o emolumento.
Le ordinanze del Tribunale di Belluno, infine, mettono in evidenza la facoltà per il datore di lavoro di collocare in ferie i dipendenti no-vax, in quanto rientrante fra i poteri organizzativi del datore di lavoro, non potendosi parlare di “ferie forzate” in ragione del superiore diritto alla tutela della salute di cui all’art. 32 della Costituzione.
Dott.ssa Anna Campione
Studio Legale Associato Stolfa Volpe