Con l’ordinanza n. 14172/2025, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza su un aspetto centrale del procedimento disciplinare: la tempestività della contestazione disciplinare.
Anche quando il datore di lavoro agisce con un notevole ritardo – come nel caso esaminato, in cui la contestazione è avvenuta 9 mesi dopo la fine delle indagini interne – non scatta automaticamente la reintegrazione del dipendente.
Secondo i giudici, la tardività rappresenta un vizio procedurale e, in quanto tale, comporta solo la tutela indennitaria, salvo che non emerga l’insussistenza del fatto contestato.
Un messaggio chiaro per HRmanager e Consulenti del lavoro: Attenzione alla gestione dei tempi nei procedimenti disciplinari. Un ritardo ingiustificato può compromettere la legittimità del licenziamento, ma non basta – da solo – a giustificare la reintegrazione.
La sentenza si inserisce nel solco tracciato dalle Sezioni Unite (30985/2017), ribadendo la netta distinzione tra vizi procedurali e insussistenza del fatto.