Le irregolarità formali non fanno perdere il durc

La Corte d'appello di Roma conferma la decisione del Tribunale.

Con la recentissima sentenza, la Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Roma, confermando quando già statuito in primo grado dal Tribunale di Roma, ha sancito che solo le reali omissioni contributive possono comportare la perdita del DURC, non anche le inadempienze meramente formali.
Nel caso di specie, in particolare, era accaduto che l’azienda ricorrente avesse omesso l’invio di una denuncia mensile, pur provvedendo però a versare tutti i relativi contributi. A distanza di anni, tuttavia, l’INPS aveva inviato un invito a regolarizzare ex D.M. 30 gennaio 2015, chiedendo esclusivamente l’invio di tale denuncia mancante entro il termine di 15 giorni. La società, avendo versato a suo tempo tutti i contributi dovuti, tentava di ottenere chiarimenti ma nel frattempo il termine di ottemperanza scadeva. Ne seguiva l’emissione del DURC irregolare. L’Istituto, a quel punto, perseverando nella sua infondata interpretazione (peraltro ormai smentita anche da altri Tribunali del Lavoro) dell’art. 1, comma 1175, della L. 296/2006, disponeva la revoca integrale di tutte le agevolazioni contributive godute dalla società nei 5 anni precedenti, dunque con effetto retroattivo (altra applicazione della normativa ritenuta illegittima da diverse sentenze).
A questo punto, la Consulente si rivolgeva all’Ufficio Legale dell’ANCL che interveniva a sostenere le ragioni dell’azienda acquisendo la controversia come “causa pilota”, affidata, con il consenso dell’azienda, all’Avv. Francesco Stolfa coordinatore dell’Ufficio Legale.
Già il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2419/2022 del 16 marzo 2022, al termine del primo grado di giudizio, accoglieva pienamente le ragioni della società, sancendo che, in assenza di omissioni contributive, la mera irregolarità formale (quale, appunto, il mancato invio delle denunce mensili) non poteva comportare la revoca del DURC, posto che, per espressa previsione di legge, essa poteva derivare solo dall’inadempimento agli obblighi contributivi.
Questa interpretazione è stata ora integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Roma, che – riprendendo quanto già sancito in sue precedenti pronunce – ha affermato che la normativa regolatrice del DURC “non richiede più un esatto adempimento anche degli obblighi formali, non richiamati espressamente e comunque non ricavabili neppure in via di interpretazione della norma. Da un lato, infatti, il terzo comma dell’art. 3 consente il rilascio del DURC anche in presenza di uno scostamento, seppur non grave, tra quanto dovuto e quanto versato; dall’altro la dizione del primo comma (laddove richiede che la verifica del pagamento dovuto vada fatta a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce) attribuisce rilevanza all’atto sostanziale del versamento. D’altro canto, la stessa espressione “documento di regolarità contributiva” rimanda letteralmente all’idea che rilevi che il contribuente sia in regola con gli obblighi contributivi e non necessariamente con il rispetto rigoroso delle forme della denuncia contributiva”.
La Corte, quindi, ha concluso che “ove l’impresa incorra in mere irregolarità formali correlate ad errori commessi nella presentazione delle denunce contributive, nulla osti al rilascio del documento di regolarità contributiva, poiché non esiste una disposizione di legge che esplicitamente ricolleghi al mero ritardo a provvedere alla presentazione della denuncia Uniemens alle scadenze di legge – piuttosto che al successivo invito alla regolarizzazione nei 15 giorni emesso da Inps – l’accertamento di una irregolarità contributiva sostanziale, a cui far conseguire la decadenza dagli sgravi contributivi”.
Si tratta, dunque, di un’esegesi della normativa che valorizza e attribuisce rilevanza alla sola regolarità sostanziale.
La Corte, pertanto, ha rigettato il ricorso proposto dall’Istituto, condannando quest’ultimo anche al pagamento integrale delle spese del grado di giudizio, dalle quali l’azienda è rimasta del tutto esente.
In questo modo, l’azienda ha ottenuto giustizia senza alcun onere economico.

Ancora una volta è stata sconfessata una prassi dell’INPS che era andata ben oltre il detto normativo “allargandosi” fino a danneggiare soprattutto i Consulenti del Lavoro, responsabili della regolarità formale degli adempimenti contributivi. La doppia pronuncia del Tribunale e della Corte d’Appello della capitale rendono sostanzialmente incontestabile la decisione ponendo una pietra tombale sulla questione.

Avv.ti Francesco Stolfa e Paolo Stolfa

Pin It on Pinterest