Incostituzionalità dell’art. 18, comma 7, dello Statuto dei Lavoratori

La Corte Costituzionale accoglie l'eccezione di incostituzionalità sollevata dal Tribunale di Ravenna.

La Corte Costituzionale – con la sentenza n. 59 del 1 aprile 2021 – ha dichiarato illegittimo il comma 7 dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, come modificato dalla Legge Fornero (L. 92/2012), nella parte in cui prevede la facoltà e non anche l’obbligo per il Giudice di disporre la reintegrazione del lavoratore nelle ipotesi di insussistenza del giustificato motivo oggettivo. La Consulta, dunque, come anticipato da un comunicato dell’Ufficio Stampa dello scorso 24 febbraio, ha accolto l’eccezione di incostituzionalità sollevata dal Tribunale del Lavoro di Ravenna – nella persona del dott. Dario Bernardi – per contrasto con l’art. 3 della Costituzione.


Nelle motivazioni della sentenza si legge, infatti, che proprio l’illegittima diversità di trattamento fra due situazioni identiche (ovvero l’insussistenza del fatto nelle ipotesi di licenziamento disciplinare e di licenziamento cd. economico) integra una violazione del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione e comporta la declaratoria di incostituzionalità della norma.

La Corte, inoltre, riprendendo talune considerazioni già espresse in dottrina (fra i quali l’Avv. Paolo Stolfa nella sua nota di commento all’ordinanza del Tribunale di Ravenna pubblicata sulla Rivista Italiana di Diritto del Lavoro n. 3/2020 dal titolo Insussistenza del g.m.o. e reintegrazione: il Tribunale di Ravenna rimette la questione alla Corte Costituzionale) ha evidenziato come l’iniziale formulazione della norma avrebbe potuto favorire condotte elusive e fraudolente da parte dei datori di lavoro, consentendo loro di scegliere il regime sanzionatorio a loro più conveniente. La normativa, in particolare, avrebbe consentito ad un datore di lavoro che volesse “sbarazzarsi” di un lavoratore “scomodo” di scegliere l’iter a lui più conveniente, costruendosi ad hoc un motivo economico, piuttosto che un inadempimento disciplinare, che avrebbe in ogni caso escluso la tutela reintegratoria.

 Pur in assenza di espliciti riferimenti, si può ritenere sin d’ora che tale pronuncia possa avere ripercussioni importanti anche sui contratti a tutele crescenti, posto che il Jobs Act (d.lgs. 23/2015), pur eliminando la discrezionalità in capo al giudice, disciplina anch’esso in maniera ingiustamente differente due fattispecie – il licenziamento disciplinare e quello per giustificato motivo oggettivo – affette dal medesimo grado di invalidità.

 

Studio Legale Associato Stolfa Volpe

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