Si stanno diffondendo nelle aziende ordini di servizio che vietano l’accesso in azienda dei lavoratori non vaccinati. Tali prassi non sembrano corrette ed espongono l’azienda a rivendicazioni da parte dei lavoratori nonchè a sanzioni da parte del Garante della Privacy.
La normativa in tema di Green Pass non riguarda l’accesso nelle aziende e non può essere quindi invocata a supporto di un simile ordine di servizio.
Sul tema resta quindi valida la disciplina fissata dai provvedimenti recentemente adottati dal Garante della Privacy, che si allegano (vedasi in particolare il paragrafo 5 del parere sul ruolo del medico competente). Essi non consentono al datore di lavoro di accedere ai dati inerenti la vaccinazione o i contagi dei lavoratori ma valorizzano, al riguardo, la funzione del medico competente. Il datore di lavoro, infatti, resta sempre garante della sicurezza dei lavoratori e deve quindi evitare di esporli a contagio da covd 19, un rischio che il datore di lavoro deve prendere anzi in specifica considerazione attivarndo, quindi, a tale scopo, il medico competente. Quest’ultimo potrà e dovrà assumere dai singoli lavoratori le necessarie informazioni sulla loro immunizzazione da corona virus. E’ ragionevole ipotizzare che dalla ripresa post estiva, tenendo conto della campagna vaccinale di massa in corso, l’immissione in azienda di lavoratori non vaccinati venga sottoposta alla valutazione del medico competente il quale, a tale scopo, potrà chiedere e dovrà ottenere dai singoli lavoratori le relative informazioni in ordine al loro stato di immunizzazione. A quel punto sarà lo stesso medico competente a dover valutare, secondo scienza e coscienza, se il lavoratore non vaccinato sia idoneo a svolgere la prestazione lavorativa e se possa costituire un pericolo per se’ e per gli altri lavoratori. Sulla base di tale valutazione, il medico competente potrà e dovrà indicare al datore di lavoro le mansioni alle quali il lavoratore possa essere adibito (presumibilmente mansioni che non comportino contatti ne’ con il pubblico ne’ con altri lavoratori). Deve trattarsi ovviamente di mansioni che il lavoratore sia professionalmente in grado di svolgere. Ove si tratti di mansioni inferiori a quelle precedentemente svolte dovrà applicarsi la speciale disciplina dell’art. 2103 cod. civ.
Ove tali mansioni non fossero però disponili, il lavoratore potrà essere sospeso dal lavoro e dalla retribuzione per il tempo necessario a consentirgli di ripristinare le condizioni di idoneità lavorativa (in pratica: vaccinarsi ovvero sperare che termini improvvisamente l’epidemia). Ove nelle more e prima del ripristino delle condizioni di idoneità lavorativa l’azienda si trovasse nella improrogabile necessità di ricoprire la posizione lavorativa di quel lavoratore, ricorrendone le condizioni di legge, egli potrebbe anche essere licenziato per giustificato motivo oggettivo.
Avv. Francesco Stolfa
Studio Legale Associato Stolfa Volpe