La Corte costituzionale, con sentenza del 28/03/2023, n. 52, come è noto, ha dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità dell’art. 8 del D.L. 138/2011 sollevata in relazione alla possibilità di estensione erga omnes (quindi anche ai lavoratori iscritti a un sindacato dissenziente) degli effetti del cosiddetto contratto collettivo aziendale di prossimità. La medesima pronuncia, incidentalmente, ha chiarito la differenza fra la nozione di “sindacato maggiormente rappresentativo” e quella di “sindacato comparativamente più rappresentativo”. Il primo concetto, come noto, era preso a riferimento dalla Inizio modulo
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legislazione meno recente come presupposto della normativa di sostegno dell’azione sindacale, in particolare nell’originaria disciplina delle rappresentanze sindacali aziendali prevista dallo statuto dei lavoratori (art. 19 della L. 20 maggio 1970, n. 300). Il secondo criterio è stato, invece, utilizzato dal legislatore in tempi più recenti e sempre più spesso; a partire, ad esempio, dall’art. 1 del D.L. 338/1989 (minimale contributivo), dal menzionato art. 8 del D.L.138/2011e dal più recente art. 51 del D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (uno dei principali provvedimenti del cd. Jobs Act).
La Corte sottolinea che il secondo è “un presupposto maggiormente selettivo” del precedente. Il contratto collettivo aziendale in questione era stato sottoscritto dalla CISAL organizzazione sindacale che la Corte Costituzionale ha ritenuto, sia pure incidentalmente, non in possesso della maggiore rappresentatività comparativa.
Nel far ciò la Consulta ha fatto riferimento, facendola sostanzialmente propria, a una recente decisione del Consiglio di Stato, sezione terza, del 26 settembre 2022, n. 8300 che aveva esaminato specificamente le caratteristiche di tale organizzazione sindacale. Il Consiglio di Stato, in particolare, ha affermato che per sindacati “comparativamente più rappresentativi”, debbano intendersi quei sindacati che – all’esito della comparazione con le altre associazioni sindacali che hanno sottoscritto il Contratto collettivo nazionale di lavoro concorrente – risultino più rappresentativi. Rammenta più in particolare, che il concetto di “organizzazione sindacale comparativamente più rappresentativa” emerge a partire dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso, in campo giuslavoristico, al fine di individuare gli attori sindacali ritenuti idonei ad identificare il sistema contrattuale connesso ora alla fruizione di benefici e sussidi pubblici di carattere economico, ora alla possibilità di flessibilizzazione degli standard di lavoro (orario, tipologie contrattuali, ecc.), là dove su un medesimo settore merceologico insista una pluralità di contratti collettivi tra loro in concorso.
Precisa il Consiglio di Stato che il precedente criterio della “maggiore rappresentatività” veniva solitamente utilizzato dal legislatore “quando la finalità della norma era quella di attribuire specifiche prerogative e diritti alle associazioni sindacali operanti in determinati contesti lavorativi, rispetto alle quali l’analisi sulla rappresentatività deve tenere adeguatamente conto della necessità di tutelare il principio del pluralismo rappresentativo, onde evitare che un deficit in termini astratti di rappresentatività si traduca in una sostanziale compromissione dell’esercizio delle libertà di azione sindacale costituzionalmente garantite”. In tal caso, pertanto, “la nozione di maggiore rappresentatività va declinata secondo un’accezione inclusiva, tenendo conto, come ha affermato dalla Corte Costituzionale (6 marzo 1974, n. 54), dell’effettività della forza rappresentativa delle confederazioni sindacali”.
Sempre secondo il Consiglio di Stato, quando il legislatore ha fatto, invece, riferimento al concetto di associazioni “comparativamente più rappresentative” ha voluto operare una selezione delle associazioni sindacali, sulla base di una valutazione comparativa della effettiva capacità di rappresentanza di ciascuna di esse.
Aggiunge il Consiglio di Stato: “la definizione, utilizzata dal legislatore del 2020, di associazioni comparativamente più rappresentative presuppone, diversamente dal concetto di maggiore rappresentatività, una selezione delle associazioni sindacali, sulla base di una valutazione comparativa della effettiva capacità di rappresentanza di ciascuna di esse. E ciò al fine di commisurare il godimento di determinate prerogative alla effettiva capacità rappresentativa delle organizzazioni soggette al giudizio comparativo. In altri termini, il concetto di rappresentatività comparata (e non più presunta) risulta incompatibile con ogni riconoscimento aprioristico ed irreversibile della rappresentatività in capo ad un’organizzazione sindacale – ancorché tradizionalmente e storicamente rappresentativa – ed impone, di converso, una costante verifica ed un aggiornamento del confronto tra le organizzazioni sindacali sulla base degli indici oggettivamente verificabili e contendibili (Corte cost. 4 dicembre 1995, n. 492).” E quindi, “la circostanza che la Cisal sia un sindacato sufficientemente rappresentativo a livello nazionale, tanto da per poter indicare i componenti di un organo collegiale, non comporta che automaticamente sia anche quello più rappresentativo del settore in comparazione con gli altri sindacati confederali, la cui rappresentatività è testimoniata dal sottoscrivere i contratti collettivi nazionali. Tutto ciò chiarito, considerato il rapporto tra la Cisal e le organizzazioni sindacali confederali Cgil, Cisl e Uil, la prima non può considerarsi comparativamente più rappresentativa, con la conseguenza che l’accordo dalla stessa sottoscritto con l’appellata non era idoneo a fondare l’ammissione alla cassa integrazione in deroga”.
In conclusione, si può quindi ritenere, che l’intervento congiunto della Consulta e del Consiglio di Stato rendono inutilizzabili i contratti collettivi stipulati dalla CISAL ogni volta che sia richiesto il requisito della maggiore rappresentatività comparativa e cioè, a titolo esemplificativo, al fine di determinare il minimale contributivo ovvero quando la legge rinvii al contratto collettivo per operare deroghe o specificazioni ovvero al fine di accertare la sussistenza e l’ambito di applicazione di un contratto di prossimità.