Cassazione: il patto di prova nullo comporta la reintegrazione

La recente sentenza della Cassazione n. 24201 del 29 agosto 2025 segna una svolta decisiva nella disciplina dei licenziamenti per mancato superamento di un patto di prova nullo, adeguandosi ai principi stabiliti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 128 del 2024.

In merito alle conseguenze sanzionatorie di un patto di prova nullo, la giurisprudenza della Cassazione è stata soggetta ad una costante evoluzione, parallela alle modifiche della disciplina legislativa in tema di licenziamenti. In particolare, prima del 2015 si riteneva che la nullità del patto di prova determinasse l’insorgere di un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato, rendendo così il successivo licenziamento soggetto alla tutela reintegratoria generalmente prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2015, invece, la Cassazione aveva modificato il proprio orientamento, applicando la sola tutela indennitaria dell’art. 3, comma 1, sostenendo che tale ipotesi non fosse riconducibile a quelle di tutela reale di cui al comma 2 del medesimo articolo.

Con questa recente sentenza, la Cassazione cambia nuovamente orientamento, stavolta adeguandosi alla citata pronuncia della Consulta che ha esteso la tutela reintegratoria ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo fondati su fatto materiale insussistente. La Corte ha, infatti, chiarito che, alla luce dei principi espressi dalla Consulta in tale sentenza, deve ritenersi che “il mancato superamento di una prova che non esiste” integri “una chiara ipotesi di insussistenza del fatto materiale”, rendendo così applicabile la tutela reintegratoria attenuata dell’art. 3, comma 2.

In definitiva, oggi il licenziamento fondato su un patto di prova nullo – per mancanza della forma scritta, difetto di specificazione delle mansioni o precedente sperimentazione – non può più essere considerato un semplice recesso privo di giustificazione soggetto alla mera tutela indennitaria. Occorre, quindi, prestare particolare attenzione al rispetto dei requisiti normativi e giurisprudenziali per la validità del patto di prova in quanto un’eventuale pronuncia di nullità di tale clausola consentirebbe ai lavoratori di ottenere, oltre al risarcimento del danno, anche la reintegrazione nel proprio posto di lavoro.

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