Importante pronuncia della Cassazione in materia di atti discriminatori e conseguente risarcimento del danno

Nel caso di specie, un lavoratore assumeva di essere stato discriminato e di non aver potuto usufruire del diritto di precedenza per non aver voluto sottoscrivere un verbale di conciliazione propostogli dal datore di lavoro.

La Corte – presieduta dalla tranese Adriana d’Oronzo, rel. Annalisa Di Paolantonio – ha riconosciuto la discriminazione e ha sancito il diritto al risarcimento del danno in quanto espressamente previsto dalla legge. In ordine alla sua quantificazione ha stabilito che esso può e deve essere determinato in via equitativa e presuntiva e deve avere carattere dissuasivo (non deve trattarsi quindi di una somma simbolica).

L’orientamento si conforma all’interpretazione del diritto eurounitario fornita dalla Corte di Giustizia che, sempre in tema di diritto antidiscriminatorio, nell’interpretare l’art. 15 della direttiva 2000/43, sovrapponibile all’art. 17 della direttiva 2000/78, ha sottolineato che il sistema delle sanzioni istituito nell’ordinamento giuridico dello Stato membro deve assicurare una tutela giuridica effettiva ed efficace e «La severità delle sanzioni deve essere adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono e comportare, in particolare, un effetto realmente deterrente, fermo restando il rispetto del principio generale della proporzionalità”.

Questo precedente apre la strada a risarcimenti di rilevante entità e rende estremamente pericolose tutte le prassi in cui il datore di lavoro cerchi di ottenere determinati comportamenti del lavoratore con la minaccia, anche implicita o larvata, del licenziamento o (come in questo caso) della mancata assunzione.

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Avv. Francesco Stolfa

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