La vicenda parte da un mega-verbale ispettivo in cui l’INPS aveva messo in discussione l’inquadramento degli operai agricoli di un’azienda “senza terra”, facendone derivare un debito contributivo di circa 400 mila euro. Tale verbale è stato impugnato in sede giudiziaria e annullato sia in primo che in secondo grado, con pesante condanna dell’INPS anche alle spese processuali.
1) E’ onere dell’INPS fornire la prova dell’inquadramento dei lavoratori non potendo il verbale ispettivo fornire alcun supporto al riguardo. In mancanza di prova rigorosa il verbale va annullato.
2) Le dichiarazioni rese del datore di lavoro nel corso dell’ispezione non costituiscono confessione e non consentono quindi di colmare le carenze probatorie, specie quando, come nel caso di specie, sono piuttosto generiche. Al riguardo la Cassazione ha peraltro più volte escluso la natura confessoria di tali dichiarazioni sia perché rese a soggetto non titolare dei poteri di rappresentanza del creditore (INPS) sia perchè sfornite del cd. animus confitendi, cioè della precisa volontà del debitore di riconoscere il proprio debito. Al riguardo, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno ritenuto prevalenti le dichiarazioni testimoniali raccolte nel corso del giudizio, nel contraddittorio delle parti e sotto il controllo del giudice.
3) Il particolare trattamento previsto per le cd. grandi campagne di raccolta dal CCNL e dal CIPL di Bari non può essere precluso alle aziende agricole commerciali, cd. senza terra (pag. 8). In tal mondo la sentenza smentisce una interpretazione sostenuta dall’INPS in sede ispettiva da oltre trent’anni (che, per quanto consta, non era mai capitato di sottoporre al vaglio giurisprudenziale).
La vicenda in questione dimostra più che mai che qualsiasi verbale ispettivo, ove fondato sul presupposti errati, può essere annullato in sede giudiziaria.
Studio Legale Associato Stolfa Volpe