Tutti gli appalti pubblici devono rispettare il principio dell’equo compenso: è questa la principale richiesta avanzata da Salvo Garofalo, delegato Confprofessioni alle Professioni tecniche, Ambiente e Territorio, in audizione alla Commissione VIII del Senato sulla legge delega in materia di contratti pubblici.
«Da tempo ricordiamo a Parlamento e Governo», dichiara Garofalo, «che il codice dei contratti deve essere riformato nel senso dell’espressa previsione del principio dell’equo compenso delle prestazioni professionali. In questa sede chiediamo quindi di inserirlo nell’ambito degli appalti pubblici quale limite inderogabile, vincolante nella redazione dei bandi e delle offerte».
Quello relativo all’equo compenso, tuttavia, non è l’unico intervento di correzione e di integrazione della legge delega proposto da Confprofessioni. I liberi professionisti, infatti, si confrontano costantemente con le norme e le procedure inerenti i contratti pubblici e da questo raffronto nascono le proposte presentate da Garofalo ai senatori.
«Innanzitutto», spiega Garofalo, «è opportuno estendere l’istituto del collegio consultivo tecnico (CCT) che, se ben congegnato, può rappresentare una leva a garanzia della continuità dei lavori in caso di dispute tecniche e controversie tra le parti. Inoltre, per rendere più agile la partecipazione alle procedure da parte degli operatori economici e per ridurre gli errori materiali, l’ANAC potrebbe predisporre dei modelli unici dei documenti di gara. Allo stesso modo, è essenziale intervenire sui costi connessi alla partecipazione alle gare, in particolare su quelli relativi all’ottenimento dell’attestazione SOA, che attualmente scoraggiano la partecipazione dei piccoli soggettivi economici, limitando di fatto la competizione».
Ma per un effettivo rilancio del mercato dei servizi di ingegneria e architettura, e a piena tutela della trasparenza e della concorrenza, Confprofessioni chiede di limitare le mansioni dei professionisti appartenenti alla pubblica amministrazione, per evitare sovrapposizioni con le materie di competenza dei liberi professionisti. «La confusione che sovente si verifica in questo ambito ha determinato profondi squilibri e ingiustizie nel mercato dei servizi professionali, alimentando rendite di posizione ingiustificabili, e ha ostacolato ed opacizzato l’allocazione delle risorse pubbliche e l’efficienza dell’azione amministrativa. A danno», conclude Garofalo, «della qualità del nostro tessuto economico».